Congo, l'usurpazione delle terre in 106 anni di sfruttamento

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Repubblica | 10 ottobre 2017

Congo, l'usurpazione delle terre in 106 anni di sfruttamento

Salari da fame e violenze contro le popolazioni. Ad oltre un secolo dalla loro nascita, in epoca coloniale, le enormi coltivazioni di palma da olio della Repubblica Democratica del Congo continuano a far parlare di sé. Oggi anche perché le comunità locali pretendono la restituzione delle terre ancestrali, dopo anni di espropriazione a beneficio di multinazionali straniere

di MARTA GATTI *

VERONA - Lokutu, Yaligimba e Boteka sono tre piantagioni nella Repubblica Democratica del Congo - si apprende dall'articolo di Marta Gatti su Nigrizia.it - accomunate da una lunga storia di violenze e soprusi. Si trovano nella Provincia Orientale (nel nordest) e in quella dell’Equatore (nel settore nord occidentale) e occupano in totale più di 100.000 ettari. La turbolenta vicenda di queste tre piantagioni congolesi inizia nel 1911, in piena epoca coloniale, e arriva fino alla gestione odierna, da parte della compagnia di agribusiness Feronia.

Vietato possedere grappoli di frutti di palma. Dalla loro creazione ad oggi, le piantagioni sono state sempre coltivate a palma da olio, per una produzione totale che si aggira intorno alle 12.000 tonnellate all’anno. La maggior parte delle quote è nelle mani del CDC Group, un’istituzione finanziaria del governo britannico. Il 26% appartiene, invece, a fondi di investimento europei e alla Banca Africana per lo Sviluppo. L’azienda Feronia Inc., quotata alla borsa di Toronto, in Canada, è finita sotto i riflettori per le denunce raccolte da Ong locali e internazionali, tra cui Grain e Word Rainforest Movement. La compagnia è accusata di impiegare le sue guardie per picchiare e minacciare coloro che vengono trovati in possesso dei frutti della palma. Feronia sostiene, infatti, di subire furti costanti da parte delle comunità limitrofe. Secondo le testimonianze raccolte nel marzo 2017, la polizia avrebbe compiuto arresti illegittimi tra gli abitanti, nei pressi della piantagione di Boteka. La loro colpa sarebbe stata quella di possedere grappoli di frutti della palma. Gli alberi, però, crescono anche al di fuori della piantagione, vicino ai villaggi.

Un dollaro e 75 al giorno per i lavoratori. Le Ong puntano il dito anche sui bassi salari riservati alla maggioranza dei lavoratori delle piantagioni di Feronia, che sarebbero fermi sotto il compenso minimo nazionale, fissato in 1,75 dollari al giorno. Ben altra immagine delle piantagioni emerge invece dal sito internet della compagnia che sottolinea gli investimenti fatti: la realizzazione di strade, la costruzione di case, scuole e ospedali per ogni comunità. Uno studio indipendente, commissionato dall’azienda nel 2014, evidenzia come i dipendenti della piantagione abbiano visto aumentare il proprio potere d’acquisto. Al tempo stesso il rapporto mette in guardia sul rischio di scioperi dovuti a condizioni di pagamento non sempre regolari. Nelle conclusioni gli esperti mettono in luce l’alta pressione fondiaria e il conseguente aumento dei conflitti legati all’accesso ai terreni, destinati all’agricoltura familiare.

La vicenda di queste piantagioni ha radici lontane. Nei primi del novecento lo stato belga (allora potenza coloniale) accordò al britannico William Lever un’ampia concessione terriera in una zona dove la palma cresceva spontaneamente. Nel libro “Congo”, David Van Reybrouk descrive la nascita e l’ascesa di quella che prima prese il nome di Huileries du Congo belge per poi diventare la multinazionale anglo-olandese Unilever, nel 1930. L’olio di palma raccolto in Rd Congo diventava sapone industriale a Liverpool. Come racconta lo storico belga nel suo libro, coloro che lavoravano per la compagnia in quel periodo, erano costretti ad arrampicarsi sugli alberi senza l’ausilio di protezioni, per poter raccogliere i grappoli del frutto. Vivevano in condizioni miserabili ed erano spesso reclutati con la forza attraverso la corruzione dei capi villaggio. Molti lavoratori di etnia Pende furono sradicati dai loro villaggi e costretti a turni molto faticosi, spesso sotto la minaccia di armi.

La restituzione delle terre ancestrali. Le piantagioni sono state concesse a Feronia nel 2009, con un contratto di 25 anni rinnovabile. Sono passate senza soluzione di continuità dal controllo di Unilever a quello della nuova compagnia, dopo anni di semi-abbandono e bassa produzione. Adesso Feronia punta a ricevere la certificazione della tavola rotonda per l’olio di palma sostenibile e a raggiungere, entro il 2024, una produzione di 100.000 tonnellate, diventando il primo produttore di olio in Rd Congo. Il percorso verso la riabilitazione dell’antica piantagione ha trovato, però, l’opposizione delle comunità locali che chiedono la restituzione delle loro terre ancestrali, dopo anni di espropriazione.

* Marta Gatti scrive su Nigrizia

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